PAURA DI PERDERE???

paura-di-perdereDi solito un Sindaco in carica che si ripresenta agli Elettori chiedendone la sua rielezione gode di innumerevoli vantaggi rispetto agli sfidanti.

Innanzitutto, nel bene o nel male, è più conosciuto rispetto al competitore, e questo è un vantaggio non indifferente.

Poi ha avuto modo di svolgere il suo mandato quantomeno per cinque anni, Pieve è di certo un’eccezione in quanto il nostro Sindaco uscente è stato “padrone” del Municipio negli ultimi vent’anni, un lunghissimo periodo nel quale avrebbe potuto dimostrare di amministrare bene o male.

In questi lunghi anni ha potuto crearsi il cosi detto “giglio magico”, un gruppo di persone fidate e fedeli di cui ha goduto della massima fiducia e disponibilità.

Con tutte queste prerogative favorevoli non si capisce perché in campagna elettorale prometta posti di lavoro, possibilità di sviluppo, nuove attività, ecc. ecc., ma ancor peggio minacciando che se non vincesse potrebbero essere tolti servizi in essere a tutti graditi, ci riferiamo al pulmino che trasporta i Cittadini, nella maggior parte anziani, da e per le Frazioni al Capoluogo.

Una sola è la spiegazione: la paura di perdere.

Forse si è reso conto anch’esso che Pieve è un Paese che muore, in questi cinque anni hanno cessato la loro attività decine di Aziende tra Artigianali e Commerciali, negozi chiusi e cartelli “VENDESI” sono disseminati in ogni dove.

Forse pensa, che hanno ragione i tanti che criticano l’Amministrazione per lo sperpero di nostri soldi in opere pubbliche non necessarie se non inutili.

Forse si è accorto che la promessa che con la bonifica avremmo risolti tanti problemi, ivi compresa la disoccupazione, infatti proprio 5 anni fa, in piena campagna elettorale, si affermava che con l’inizio della bonifica ci sarebbero stati subito 220 posti di lavoro continuativi, con punte sino a 320 lavoratori, il risultato un bluff, sia per i posti di lavoro che per la soluzione di problemi.

Forse sta pensando che le tante promesse fatte a tutti e tutte, ben sapendo di non poterle esaudire; che l’egocentrismo con cui ha operato; che il mancato coinvolgimento dei Cittadini nelle scelte che intendeva fare, tutto ciò gli si sta rivoltando contro i cabina elettorale.

Vada sereno e senza paura signor Sindaco, si ricordi e lo ricordiamo a tutti che l’Elettore ha sempre ragione quale che ne sia il risultato elettorale.

P.S. attendiamo e speriamo in un commento da parte di “rosered75”

2 pensieri su “PAURA DI PERDERE???

  1. Geniale. Geniale davvero il suo nuovo intervento. Non fosse altro che mi ricorda quel gallo intento a osservare l’alba, convinto che fosse il suo canto a far sorgere il sole. Raccolgo la muffola che mi è stata lanciata, sommamente caro direttore; ho atteso, poco elegantemente e con un pizzico di quella civetteria imparata dalla Malena del grande schermo, i risultati delle elezioni, per rispondere. Al suo guanto di sfida, lanciatomi in faccia, oppongo dei pesci: le consiglio di riceverli in viso con pacatezza; nel frattempo io li condisco con sciocchi seppur inebrianti squittii di sfottò. Sono felice che siano stati i fatti a smentirla: non c’è lazzo più piacevole per i miei orecchi di quello prodotto dallo schianto dei pomposi contro le marmoree e acuminate lastre della Realtà. Quando si sta a pigione dalla Verità, quando la si accarezza come un’amante che ci si beffa di possedere, quando la si sotterra viva sotto i cubiti delle proprie personali ideologie, il rischio è quello di trovarsi in quella muscosa forra che la vita modella per stemperare queste macchie di colore scuro stese sulla nostra fedina penale: le certezze. Il voto dei cittadini ha sancito la vittoria del sindaco che Lei, caro direttore, ha cercato in modo così stolidamente trepido, seppur brancicantemente inane, di delegittimare. “La nuvola nasconde le stelle e canta vittoria ma poi svanisce: le stelle durano” per citare Tagore, un gigante rispetto a Lei e a me; anche solo per il fatto che il Nostro non avrebbe mai perduto tempo prezioso in starnazzamenti degni del laghetto più frequentato. Sono tuttavia voluttuosamente felice di contribuire alla notorietà di questo rotocalco via etere, anche se ogniqualvolta iniziamo a pensare di essere il centro dell’universo, l’universo si gira e dice con un’aria leggermente distratta: “Mi dispiace. Può ripetermi di nuovo il suo nome?”. Ma, come l’amico Wilde, al momento di riempire il modulo del censimento, ho dichiarato: “età diciannove anni, professione genio, segni particolari il mio talento”. Inezie a parte, non trovo esattamente su quale tavola della Legge sia stato scolpito che un sindaco a caccia di rielezione goda di innumerevoli vantaggi. La storia, foriera di esempi, Le dimostrerà come anche grandi statisti uscenti siano stati gettati alla maniera del cartone del latte, se il fact checking sul loro operato si sia dimostrato scarno di risultati: pensi, la testa di Robespierre è caduta per molto meno. Se poi la scelta politica di candidare una persona foresta, per usare uno di quei termini che vanno per la maggiore davanti ad un bicchiere di miscela e a un mazzo di carte, si sia dimostrata fallimentare, credo non sia una colpa da ascrivere a quel Cerbero a tre teste (una per mangiare i bambini, una attrezzata alla masticazione degli avversari politici, o almeno quelli che ancora non siano stati spediti a Ventotene, e l’ultima di scorta nel caso una delle precedenti dovesse cadere come quella del nostro sopracitato) che Lei continua a chiamare Sindaco, con quel briciolo di sfregio verso l’autorità che fa degli uomini, grand’uomini. Mi immagino quella goccia di sudore che, come la stessa che scende lungo la schiena durante le calde giornate estive, crei inconsulti spasmi ogni volta Lei si trovi a dover nominare quella Gorgone con il suo proprio titolo: Sindaco. Perché è così che i cittadini hanno scelto di chiamarla. Sindaco. Lo hanno scelto ancora una volta. Lei direttore è un po’ così: una Cassandra da supermercato. Si è parte di una comunità non per diritto di nascita, quanto perché ci si adopera per renderla migliore. Scegliere di avere qui, a Pieve, la propria casa, scegliere di integrarsi nel tessuto sociale della comunità, scegliere di viverne i momenti significativi non è un esercizio da campagna elettorale. Siamo forse noi, che spendiamo lacrime e sangue perché il nostro Paese abbia le stesse possibilità di tutti gli altri, ad essere nel torto? Ad avere perso alla roulette della vita? La scelta migliore è dunque quella di costruirsi una Ilio dalle bianche sponde da un’altra parte, tanto quella cretina di Didone ci aspetta comunque, per poi darsi alla Reconquista del suolo natio nel caso la nostra Troia fosse stata assaltata dai quei barbari sodomiti degli Achei? Al confronto di certuni scolari della prima repubblica Los Reyes Católicos paiono dei novellini. Se poi un giglio magico esiste, nel corso di questi anni deve essere diventato una gerusia di notevoli dimensioni. Una comunità intera. Però eccoci qua, la dieta dell’impero si è riunita in quei naos elettorali che hanno certificato una sola cosa: la sua, direttore, ostracizzazione. Mi chiedo poi dove Lei sia mentre il paese muore. Mi ricorda quegli imprenditori che dopo aver messo a ferro e fuoco le loro aziende e il loro Paese, pontificano dalle spiagge dei Caraibi su quanto la giustizia in Italia abbia il brutto vizio di prendersela sempre con i potenti. Sono sicuro inoltre che quando la nostra macellaia di Praga abbia invocato le locuste, le piaghe e la morte dei primogeniti sul Paese nel caso di sconfitta, sia stata intercettata prontamente dai suoi zelanti emissari. D’altro canto Lei è un vero maestro dei sussurri, a metà strada tra le nozze fittizie di Pamela Prati e la leadership mostrata dalla Barbarella nazionale nel suo salotto pomeridiano. Se davvero fosse in possesso del discorso di quella dittatrice africana al Senato dove dice che “Ceterum censeo Carthaginem esse delendam”, confermando altresì la volontà di tagliare i servizi primari compresi luce, gas e lumini per il cimitero, la prego di volerli stampare su carta patinata e lanciarli da un aereo in sorvolo sul Paese, come il Vate a Vienna, per chiamare alla rivolta o alla resa, se la prima non dovesse avere successo. Chissà che in un ultimo afflato di terrore la nostra benemerita concittadina, imperatrice e autocrate di tutto l’urbe terracqueo, principe di Megolo, lord protettrice di Rumianca e dei rii erbosi, gran patrona di Pieve Vergonte e delle pozze d’acqua profonde come piscine olimpiche, Ammiraglio di Loro e Regina di Fomarco e di pace, presidentessa del circolo di burraco, non decida di concedere al popolo le brioches in sostituzione del pane, perché si sa che con la celiachia non si scherza. Da Deo rex, a rege lex. Lei pensi, amato direttore, lo spavento di quei ragazzi che hanno visto l’apparizione di Nostra Signora del vogliopossocomando nelle miniere della Val Toppa. Sono inoltre certo che il fatto che qualcuno si fidi incondizionatamente di qualcun altro, non sia, come la superbia (attendo una sua conferenza in merito), un peccato capitale, quanto un vanto. Perché esistono anche l’amicizia, il rispetto, l’ammirazione. Tutti sentimenti autentici; non credo Lei possa rilasciare patenti di veridicità su quello che provino le altre persone. Non è mai stato un Consolato, benché credo che in questa giornata piovosa e trista Lei Io possa effettivamente diventare, un consolato. Io, per non saper né leggere né scrivere, preferisco credere nella bontà d’animo. Anche se il suo punto di vista, ora che mi soffermo a pensarci, è sicuramente il più giusto. Quei fedeli eunuchi che la nostra malvagia Morgana si porta appresso, sono tutti soggiogati al poter dell’Uno. Avesse bisogno di fare delle liste di proscrizione ricordi, “un’anello per trovarli tutti”. Meglio regnare all’inferno che servire in Paradiso, avrebbe ammesso la nostra Sindaca quando fu scagliata dall’Altissimo sulla terra per aver provato a detronizzarlo, attorniata dalle schiere infernali che le sono rimaste fedeli; “Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costei piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona” sarebbero stati uditi cantare quei demoni tremendi. Questa, caro direttore, è una lotta tra Bene e Male, non sia timido nel dirlo. Quanto al fatto che venga chiesto a questi insulsi automi privi di volontà di concedere anche i propri favori, credo che sia una cosa normale in una corte imperiale come quella Pievese; tutte quelle favorite, tutte quelle misere anime cieche e folli che continuano a farsi irretire dalle promesse della Circe di Fomarco Basso; ancora non sanno cosa le attenda. Verranno usate, usate e poi scartate, in questo gioco mortale che è il gioco dei troni. Lei però, caro direttore, fulgido esempio di incorruttibilità morale, faro luminoso in questa notte dell’anima, aprico sensale del vessillo della Liberté, Égalité, Fraternité, non si scoraggi, continui a lanciare caveat dal blog. È per noi diventato ormai simbolo di lotta. Come a ponte Milvio, in hoc signo vinces. È giunto il momento di porre fine all’era del Terrore della saponificratice di Correggio. Che sciocco, come non detto, il Periodo dei Torbidi durerà altri 5 anni. Fortuna che l’Elettore ha sempre ragione. Spenderemo questo coupon che Lei ha deciso di regalarci da Zara; altro non possiamo concederci vista la mancanza dei 320 posti di lavoro #tuttinsieme. Vorrà dire che in 320 chiederemo il reddito di cittadinanza, così per equilibrare la bilancia universale della Giustizia. Lei direttore ne sarà di certo felice: se non altro perché così, i SUOI soldi di tutti, verrebbero finalmente utilizzati per qualcosa di giusto. Altro che quella marrana guerrafondaia che pensa solo a costruire strade per il passaggio delle truppe. Per quanto riguarda me, caro direttore, considerando come trovi più irritante parlare con un saccente che camminare a gambe nude in un campo di ortiche, scelgo di ritirarmi nella clausura, come la Monaca De Leyva, ed inscatolare le mie stanche membra nei sacri vasi canopi. Che mi portino in processione assieme alla nostra Santa, quella vera, a cui va tutta la mia devozione. Sempre che non la sostituiscano lassù, nel suo scurolo dorato, con una colata lavica dalle fattezze del nostro Sindaco, bardata come una madonna medievale intenta ad avvelenare con le sue parole al ddt le menti dei nostri concittadini. Lei, come il santo che porta il suo nome, continui a scrivere, che le riesce bene. Bisous bisous.

  2. Geniale. Geniale davvero il suo nuovo intervento. Non fosse altro che mi ricorda quel gallo intento a osservare l’alba, convinto che fosse il suo canto a far sorgere il sole. Raccolgo la muffola che mi è stata lanciata, sommamente caro direttore; ho atteso, poco elegantemente e con un pizzico di quella civetteria imparata dalla Malena del grande schermo i risultati delle elezioni per rispondere. Al suo guanto di sfida, lanciatomi in faccia, oppongo dei pesci: le consiglio di riceverli in viso con pacatezza; nel frattempo io li condisco con sciocchi seppur inebrianti squittii di sfottò. Sono felice che siano stati i fatti a smentirla: non c’è lazzo più piacevole per i miei orecchi di quello prodotto dallo schianto dei pomposi contro le marmoree e acuminate lastre della Realtà. Quando si sta a pigione dalla Verità, quando la si accarezza come un’amante che ci si beffa di possedere, quando la si sotterra viva sotto i cubiti delle proprie personali ideologie, il rischio è quello di trovarsi in quella muscosa forra che la vita modella per stemperare queste macchie di colore scuro stese sulla nostra fedina penale: le certezze. Il voto dei cittadini ha sancito la vittoria del sindaco che Lei, caro direttore, ha cercato in modo così stolidamente trepido, seppur brancicantemente inane, di delegittimare. “La nuvola nasconde le stelle e canta vittoria ma poi svanisce: le stelle durano” per citare Tagore, un gigante rispetto a Lei e a me; anche solo per il fatto che il nostro non avrebbe mai perduto tempo prezioso in starnazzamenti degni del laghetto più frequentato. Sono tuttavia voluttuosamente felice di contribuire alla notorietà di questo rotocalco via etere, anche se ogniqualvolta iniziamo a pensare di essere il centro dell’universo, l’universo si gira e dice con un’aria leggermente distratta: “Mi dispiace. Può ripetermi di nuovo il suo nome?”. Ma, come l’amico Wilde, al momento di riempire il modulo del censimento, ho dichiarato: “età diciannove anni, professione genio, segni particolari il mio talento”. Inezie a parte, non trovo esattamente su quale tavola della Legge sia stato scolpito che un sindaco a caccia di rielezione goda di innumerevoli vantaggi. La storia, foriera di esempi, Le dimostrerà come anche grandi statisti uscenti siano stati gettati alla maniera del cartone del latte, se il fact checking sul loro operato si sia dimostrato scarno di risultati: pensi, la testa di Robespierre è caduta per molto meno. Se poi la scelta politica di candidare una persona foresta, per usare uno di quei termini che vanno per la maggiore davanti ad un bicchiere di miscela e a un mazzo di carte, si sia dimostrata fallimentare, credo non sia una colpa da ascrivere a quel Cerbero a tre teste (una per mangiare i bambini, una attrezzata alla masticazione degli avversari politici, o almeno quelli che ancora non siano stati spediti a Ventotene, e una di scorta nel caso una delle precedenti dovesse cadere come quella del nostro sopracitato) che Lei continua a chiamare Sindaco, con quel briciolo di sfregio verso l’autorità che fa degli uomini, grand’uomini. Mi immagino quella goccia di sudore che, come la stessa che scende lungo la schiena durante le calde giornate estive, crei inconsulti spasmi ogni volta Lei si trovi a dover nominare quella Gorgone con il suo proprio titolo: Sindaco. Perché è così che i cittadini hanno scelto di chiamarla. Sindaco. Lo hanno scelto ancora una volta. Lei direttore è un po’ così: una Cassandra da supermercato. Si è parte di una comunità non per diritto di nascita, quanto perché ci si adopera per renderla migliore. Scegliere di avere qui, a Pieve, la propria casa, scegliere di integrarsi nel tessuto sociale della comunità, scegliere di viverne i momenti significativi non è un esercizio da campagna elettorale. Siamo forse noi, che spendiamo lacrime e sangue perché il nostro Paese abbia le stesse possibilità di tutti gli altri, ad essere nel torto? Ad avere perso alla roulette della vita? La scelta migliore è dunque quella di costruirsi una Ilio dalle bianche sponde da un’altra parte, tanto quella cretina di Didone ci aspetta comunque, per poi darsi alla Reconquista del suolo natio nel caso la nostra Troia fosse stata assaltata dai quei barbari sodomiti degli Achei? Al confronto di certuni scolari della prima repubblica Los Reyes Católicos paiono dei novellini. Se poi un giglio magico esiste, nel corso di questi anni deve essere diventato una gerusia di notevoli dimensioni. Una comunità intera. Però eccoci qua, la dieta dell’impero si è riunita in quei naos elettorali che hanno certificato una sola cosa: la sua, direttore, ostracizzazione. Mi chiedo poi dove Lei sia mentre il paese muore. Mi ricorda quegli imprenditori che dopo aver messo a ferro e fuoco le loro aziende e il loro Paese, pontificano dalle spiagge dei Caraibi su quanto la giustizia in Italia abbia il brutto vizio di prendersela sempre con i potenti. Sono sicuro inoltre che quando la nostra macellaia di Praga abbia invocato le locuste, le piaghe e la morte dei primogeniti sul Paese nel caso di sconfitta, sia stata intercettata prontamente dai suoi zelanti emissari. D’altro canto Lei è un vero maestro dei sussurri, a metà strada tra le nozze fittizie di Pamela Prati e la leadership mostrata dalla Barbarella nazionale nel suo salotto pomeridiano. Se davvero fosse in possesso del discorso di quella dittatrice africana al Senato dove dice che “Ceterum censeo Carthaginem esse delendam”, confermando altresì la volontà di tagliare i servizi primari compresi luce, gas e lumini per il cimitero, la prego di volerli stampare su carta patinata e lanciarli da un aereo in sorvolo sul Paese, come il Vate a Vienna, per chiamare alla rivolta o alla resa, se la prima non dovesse avere successo. Chissà che in un ultimo afflato di terrore la nostra benemerita concittadina, imperatrice e autocrate di tutto l’urbe terracqueo, principe di Megolo, lord protettrice di Rumianca e dei rii erbosi, gran patrona di Pieve Vergonte e delle pozze d’acqua profonde come piscine olimpiche, Ammiraglio di Loro e Regina di Fomarco e di pace, presidentessa del circolo di burraco, non decida di concedere al popolo le brioches in sostituzione del pane, perché si sa che con la celiachia non si scherza. Da Deo rex, a rege lex. Lei pensi, amato direttore, lo spavento di quei ragazzi che hanno visto l’apparizione di Nostra Signora del vogliopossocomando nelle miniere della Val Toppa. Sono inoltre certo che il fatto che qualcuno si fidi incondizionatamente di qualcun altro, non sia, come la superbia (attendo una sua conferenza in merito), un peccato capitale, quanto un vanto. Perché esistono anche l’amicizia, il rispetto, l’ammirazione. Tutti sentimenti autentici; non credo Lei possa rilasciare patenti di veridicità su quello che provino le altre persone. Non è mai stato un Consolato, benché credo che in questa giornata piovosa e trista Lei Io possa effettivamente diventare, un consolato. Io, per non saper né leggere né scrivere, preferisco credere nella bontà d’animo. Anche se il suo punto di vista, ora che mi soffermo a pensarci, è sicuramente il più giusto. Quei fedeli eunuchi che la nostra malvagia Morgana si porta appresso, sono tutti soggiogati al poter dell’Uno. Avesse bisogno di fare delle liste di proscrizione ricordi, “un’anello per trovarli tutti”. Meglio regnare all’inferno che servire in Paradiso, avrebbe ammesso la nostra Sindaca quando fu scagliata dall’Altissimo sulla terra per aver provato a detronizzarlo, attorniata dalle schiere infernali che le sono rimaste fedeli; “Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costei piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona” sarebbero stati uditi cantare quei demoni tremendi. Questa, caro direttore, è una lotta tra Bene e Male, non sia timido nel dirlo. Quanto al fatto che venga chiesto a questi insulsi automi primi di volontà di concedere anche i propri favori, credo che sia una cosa normale in una corte imperiale come quella Pievese; tutte quelle favorite, tutte quelle misere anime cieche e folli che continuano a farsi irretire dalle promesse della Circe di Fomarco Basso; ancora non sanno cosa le attenda. Verranno usate, usate e poi scartate, in questo gioco mortale che è il gioco dei troni. Lei però, caro direttore, fulgido esempio di incorruttibilità morale, faro luminoso in questa notte dell’anima, aprico sensale del vessillo della Liberté, Égalité, Fraternité, non si scoraggi, continui a lanciare caveat dal blog. È per noi diventato ormai simbolo di lotta. Come a ponte Milvio, in hoc signo vinces. È giunto il momento di porre fine all’era del Terrore della saponificratice di Correggio. Che sciocco, come non detto, il Periodo dei Torbidi durerà altri 5 anni. Fortuna che l’Elettore ha sempre ragione. Spenderemo questo coupon che Lei ha deciso di regalarci da Zara; altro non possiamo concederci vista la mancanza dei 320 posti di lavoro #tuttinsieme. Vorrà dire che in 320 chiederemo il reddito di cittadinanza, così per equilibrare la bilancia universale della Giustizia. Lei direttore ne sarà di certo felice: se non altro perché così, i SUOI soldi di tutti, verrebbero finalmente utilizzati per qualcosa di giusto. Altro che quella marrana guerrafondaia che pensa solo a costruire strade per il passaggio delle truppe. Per quanto riguarda me, caro direttore, considerando come trovi più irritante parlare con un saccente che camminare a gambe nude in un campo di ortiche, scelgo di ritirarmi nella clausura, come la Monaca De Leyva, ed inscatolare le mie stanche membra nei sacri vasi canopi. Che mi portino in processione assieme alla nostra Santa, quella vera, a cui va tutta la mia devozione. Sempre che non la sostituiscano lassù, nel suo scurolo dorato, con una colata lavica dalle fattezze del nostro Sindaco, bardata come una madonna medievale intenta ad avvelenare con le sue parole al ddt, le menti dei nostri concittadini. Lei, come il santo che porta il suo nome, continui a scrivere, che le riesce bene. Bisous bisous.

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